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Il Rottame è un CignoI frantumi della memoria della fabbrica sono assemblati dall’intuizione di Gumdesign...


by
Marco Sammicheli

IL ROTTAME È UN CIGNO
in "Minimi, Dialoghi Immobili" / 2011

L’estetica dello scarto è il risultato di un processo etico e tecnico, soprattutto quando il frutto di una serie di passaggi consolidati, una volta riscritti o ribaltati, generano una rinnovata categoria di artefatti.

Nella collezione Strati Temporali lo scarto oggetto di rivisitazione semantica e plastica sono le marmette ovvero ciò che rimane dalla lavorazione del marmo.
Recuperate e assemblate attraverso colle arricchite da pigmenti naturali, le marmette si ricompongono in un nuovo blocco di dimensione variabile pronto per essere modellato da una macchina a controllo numerico.

La perfetta griglia grafica determinata dalle linee di colla segna le cerniere temporali che il nuovo oggetto conquista, un futuro fatto di segmenti di passato, reliquie di un’operosa fabbrica come quella che da secoli affianca artisti e architetti nella lavorazione del marmo.

Il detrito industriale è un fatto brutale, rielaborarlo un atto creativo, la confezione delle due azioni un progetto di disegno industriale. L’estetica dello scarto in questa occasione non vuole scomodare politiche ambientali né fare leva sulla speculazione ecologica. Recuperare le marmette è un gesto progettuale e un tributo romantico alla geografia imprenditoriale nella quale si consuma il lavoro di Gumdesign.

Strati Temporali è un attivatore di meccanismi psicologici, una collezione di oggetti parlanti, la cui pelle materica e sensibile evoca storie facendo sponda tra i nostri occhi e le nostre mani per affrescare visioni tangibili. Le forme invitano all’uso e ciascuna accende un piccolo rito quotidiano in cui l’azione di contenere, portare, servire e accogliere si modula a seconda della funzione e dell’interazione.

Imbastendo una sommaria anatomia clinica di Strati Temporali possiamo dire che ciascuno degli otto sassi in collezione contiene un motivo, un’idea che mette in moto l’immaginazione; svelano una comunanza formale e una logica tra simbolo e morfologia; contengono una sostanza simbolica suggestiva, si prestano allo spostamento di senso, al riadattamento semantico; provocano una tensione inconsueta, stimolano associazioni, continuità di pensiero; segnano un’area di passione e sentimento che annulla la genesi dell’oggetto, frutto di scarto benché nobile.

I frantumi della memoria della fabbrica sono assemblati dall’intuizione di Gumdesign e diventano arredi minimi, mai minimali. Apparentemente assomigliano a ciottoli d’acqua dolce selezionati per un intimo esterno zen, tant’è che riportano in superficie quei segni regolari, lievemente arati, tipici del giardino lasciato senza vegetazione. Semplificheremmo se li considerassimo haiku da tavola o come una rovina restaurata.

A ben vedere Strati Temporali non emana nemmeno quel senso di piccolo rudere tipico del Surrealismo, per cui un oggetto consumato quando era osservato da vicino si animava. L’oggetto finale questa volta appare levigato, raffinato da una meccanica oculata e scolpito da tecnologia fluida.
Questa volta il rito del ramasser evoca i resti del mito, quello delle Apuane, una realtà attinta nel profondo, sedimentata e archeologizzata nella memoria.

Le otto pietre di Strati Temporali assomigliano a quelle per guadare un fiume, segnano il passaggio tra interno ed esterno, s’impongono come una mini scultura naturale adatta a qualsiasi interno. Formano insieme e separati un paesaggio litico in cui si fondano design e reminiscenze artistiche.

Come in un quadro di De Chirico sono la solidificazione in statua che ferma il tempo, la sembianza di un’esperienza biografica e professionale dei Gumdesign, un dato della memoria frantumato e ricomposto in cui s’annida il recupero di materiale classico, si rispetta la reputazione di una fabbrica, si riscrive con allusioni una nuova storia di pietra.

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