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Un progetto di fabbrica diffusaAlto artigianato, cultura materiale e design sono alla base della ricerca dello studio viareggino...  


by
Ali Filippini / 2024

In un momento in cui la tecnologia é diventata indispensabile e l'intelligenza artificiale si fa sempre piú largo nel nostro mondo, il "craft design" vive una rinnovata attenzione, contraddittoria solo apparentemente. 

Con la rubrica "Le mani del Design" Pianeta Design intende quindi esplorare periodicamente il mondo delle produzioni artigianali raccontando con articoli e interviste piccole imprese produttive, maestri d'arte, designer che con la cultura del fare hanno innescato percorsi virtuosi. Un percorso tra aree produttive e centri d'eccellenza nel territorio italiano per mappare questo ricco, colto e articolato universo dove oltre al pensiero sono le mani, insieme alla storia, alla tradizione, alla passione e alla competenza a dare senso al progetto.

Gabriele Pardi e Laura Fiaschi, alias Gumdesign, si occupano nel loro studio viareggino fondato oltre vent'anni fa di architettura, design, grafica, art direction per aziende ed eventi. Il loro nome é noto anche per l'impegno profuso non solo nel progettare collezioni di oggetti, in diversi materiali e a stretto contatto con la filiera artigianale, ma per essere loro stessi promotori di iniziative per la valorizzazione di questo comparto e dei suoi attori, leggasi designer e artigiani. Per esempio, dal 2008 seguono la direzione creativa di "Cambiovaso" per l'azienda Upgroup che ha coinvolto 30 designers internazionali e dal 2014 inaugurano con "La Casa di Pietra" un progetto culturale ed imprenditoriale con una rete di artigiani nel territorio destinato a grande visibilitá e successo.

Lo studio segue inoltre la direzione creativa del brand Styl'Editions, l'immagine aziendale AntonioLupi e la direzione creativa di Savema. Regolarmente selezionati nell'Adi Design Index per i loro progetti di ricerca o per i prodotti, sono presenti in importanti collezioni come la collezione permanente del MoMa di San Francisco e del Museo del Vetro di Shangai.

Come nasce il vostro interesse per il "fatto ad arte" che é diventato una delle espressioni importanti del vostro fare design? 

Ascoltare la materia, comprenderne l'anima interiore ed osservare la sua trasformazione attraverso mani sapienti... siamo sempre stati attratti dai laboratori artigianali, dove la materia vive quotidianamente diversi "stati" fisici in continuo divenire. Il nostro territorio é ricco di attivitá artigianali: le falegnamerie nautiche dove vengono restaurate barche d'epoca con tecniche tradizionali o con processi innovativi e tecnologie avanzate, le carpenterie che lavorano gli acciai inox, le resinature e gli stampi di grandi dimensioni sulla costa di Viareggio e i laboratori di Pietrasanta, Massa, Carrara alle pendici delle Alpi Apuane, dove artigiani e maestri scalpellini - insieme a robot di ultima generazione - trasformano blocchi in marmo. Il "fatto ad arte" appartiene a questi territori e ne siamo "sommersi", quotidianamente. La curiositá e l'osservazione sono il primo passo, parlare con un artigiano diviene una "lezione" alla scuola del ""saper fare" per assimilare esperienze e rare sensibilitá. Il passo successivo é dato dalla nostra interpretazione. La ri-scoperta di tecniche, lavorazioni e materie prime si adatta perfettamente ai nostri sogni progettuali. Una meravigliosa "palestra progettuale" nella quale amiamo esercitare mente, cuore e mani per spingerci oltre il visibile. 

Come scegliete i vostri artigiani e che tipo di relazione si instaura con loro? 

La libertá - ricorda Gaber - é partecipazione. Quando frequentiamo i laboratori artigianali viviamo questa condizione profonda ed incontriamo persone felici di condividere la propria passione, i propri segreti e le proprie sensibilitá. Si innescano immediate empatie, si percepiscono immediatamente unitá d'intenti e si progetta - subito - insieme. 

Sembra che il mondo del Design abbia riscoperto negli ultimi anni il legame storico e teorico con la dimensione artigianale. E' una moda passeggera o qualcosa di piú strutturale? 

Si, c'é stato sicuramente un avvicinamento al mondo artigianale nell'ultimo decennio da parte delle ultime generazioni di designer tuttavia il rapporto con il mondo produttivo, con i laboratori é sempre esistito e proprio dalla contaminazione tra progettista ed azienda/artigiano sono nate alcune delle icone piú celebrate (la lampada Falkland nasce in una fabbrica di calze e la scimmietta Zizí da una riflessione su un materiale improbabile come la gommapiuma - appena nato negli anni '50 - grazie alla visione di Munari). E allo stesso modo tutto il lavoro di Riccardo Dalisi e di Ugo La Pietra. Le motivazioni di questo "nuovo" avvicinamento sono molteplici - come giustamente anticipi - e possono essere ravvisabili in una "crisi industriale" difficile da circoscrivere con le mille varianti che possiamo solo immaginare, in una maggior sensibilitá dei progettisti verso la materia naturale e dunque della sua lavorazione attraverso i laboratori artigianali, della facilitá con cui un oggetto puó nascere (e con tempi molto piú ristretti rispetto ad una produzione industriale). Sicuramente anche una nuova attenzione verso quelle "officine" sempre presenti sul territorio italiano, di piccole dimensioni e facilmente raggiungibili da un designer in cerca di un "produttore". Una maggior attenzione all'ambiente, al sistema produttivo, al trasporto.

La Casa di Pietra oltre che un modello esemplare di collaborazione tra progettista e piccola impresa/singolo artigiano é anche un modello imprenditoriale. 

Un progetto culturale che ci é esploso tra le mani innescando processi e metodi che non avremmo potuto immaginare e/o programmare. Nasce nel 2014 per rispondere ad un invito di Marmomac a rappresentare un'installazione lapidea. La nostra risposta é stata immediata e si é orientata immediatamente sull'utilizzo di piccoli elementi lapidei - recuperabili nei numerosi laboratori italiani - contaminati da altri materiali piú "presenti" nelle case come legno, vetro, pelle, etc. Una decina di oggetti progettati su un concetto che ci appartiene da sempre: "racconti emersi" che nascono dalla necessitá di trasferire il progetto di design in un ambito narrato, umanistico e stimolato da riflessioni e pensieri. In questi dieci anni La Casa di Pietra é cresciuta molto definendo un'enciclopedia territoriale composta da 47 artigiani che lavorano i materiali piú disparati, con tecniche diverse e con macchinari tradizionali ed avanzati, con sensibilitá differenti ma con un unico minimo comune denominatore: la passione e la condivisione. Una partecipazione consolidata negli anni e condivisa in modo eclatante nel progetto espositivo Novebotteghe che abbiamo ideato per Milano Home a Fiera Milano a gennaio 2024. E' stato emozionante trovarci insieme e condividere uno spazio espositivo comune dove gli artigiani de La Casa di Pietra - presenti con i propri spazi espositivi - raccontavano ai visitatori il loro lavoro ma anche quello degli altri "colleghi", con la stessa passione e con lo stesso coinvolgimento! Una vera grande famiglia composta da persone genuine, disponibili e dotate di un animo difficile da trovare con le quali brindare ogni sera, alla chiusura della Fiera. Proprio cosí si costruisce nel tempo la "fabbrica diffusa" de La Casa di Pietra presente in tutta Italia e che oggi vede a catalogo oltre 80 collezioni per un totale di circa 250 oggetti pensati, raccontati e realizzati a quattro mani e che oggi sono venduti in tutto il mondo da una "de-struttura" condotta dal nostro studio. Un percorso metodologico che ha permesso al progetto culturale di trasformarsi in un progetto imprenditoriale, senza perderne il codice genetico che lo ha generato.

Oggi chi sceglie l'autoproduzione lo fa per necessitá o vocazione? Il tema é anche legato alla formazione dei designer visto che voi siete attivi anche come docenti. 

In realtá non siamo autoproduttori ma piuttosto "editori di noi stessi". Qualche anno fa - in occasione di una grande mostra de La Casa di Pietra organizzata dal CAMeC - Centro Arte Moderna e Contemporanea di La Spezia - Aldo Colonetti definí il progetto de La Casa di Pietra "a KmZero". Non tanto per la distanza fisica delle fasi produttive ma piuttosto per la capacitá di tener le redini di tutte le fasi organizzative, produttive, comunicative e di distribuzione; crediamo che questo aspetto determini la grande differenza tra chi fa autoproduzione e chi si spinge oltre tendendo a costruire un'impresa. Un salto importante che determina una serie di riflessioni e considerazioni utili sia per procedere con la propria idea imprenditoriale che per lo sviluppo di processi e metodi creativi a servizio di grandi aziende. Fatta questa premessa crediamo che chi sceglie la strada dell'autoproduzione o dell'editore di se stesso possa farlo per molteplici motivi. Una cosa é sicura: occorre una buona dose di testardaggine e passione per affrontare le difficoltá, per superarle e per crescere professionalmente, è necessaria la vocazione, più che la necessitá, e una certa dose di incoscienza. Per questo motivo spingiamo i giovani a credere nei propri sogni e a non perdersi d'animo davanti alle prime sconfitte, che saranno invece necessarie per andare oltre e per trovare la propria strada.

Le limited edition hanno fatto piú bene o male all'artigianato? L'impressione é che qualcuno si sia accorto che il craft si possa comunicare solo come "lusso". 

Le edizioni limitate sono spesso una soluzione strategica per ridurre la produzione ed elevare il costo al pubblico. Noi preferiamo costruire "edizioni aperte" di alta qualitá artigianale e progettuale che non impedisca lo sviluppo di una collezione, ma anzi ne permetta la piú ampia diffusione sul mercato internazionale. Naturalmente il costo di produzione di un oggetto non industriale é elevato, non puó basarsi su un'ottimizzazione produttiva ma solo su un'ottimizzazione del progetto, sensibile sull'uso della materia prima e sulla sua capacitá di dare una percezione del valore al prodotto finale. Un percorso che richiede conoscenza dei materiali e delle tecniche di lavorazione per ridurre gli sprechi e per rendere duraturo un prodotto che deve avere l'obiettivo di trasformarsi in un oggetto relazionale ed affettivo.